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Little, Big: recensione.










Ho appena finito di leggere Little, Big, romanzo fantastico dello Statunitense John Crowley, pubblicato nel 1981.


Mi è piaciuto e mi sento di consigliarlo? Sì, però l'ho trovato un libro veramente particolare. Anzi, strano forte, perché fino a circa un terzo del romanzo non ho capito dove volesse andare a parare l'autore però la curiosità mi ha spinto a proseguire, per fortuna. 

Una doverosa avvertenza: non è un libro d'azione, nella prima parte succede apparentemente molto poco, anche se i personaggi (tra cui la stessa Casa di Edgewood) vengono delineati molto bene e si introduce l'ambientazione. Quest'ultima sembrerebbe essere  il nostro mondo, in particolare gli USA in qualche momento imprecisato dopo la metà del XX Secolo, ma evidentemente non lo è, visto lo sviluppo differente che avrà la storia Anche se vengono nominati altri paesi come il Regno Unito, gli USA non sono mai chiamati con questo nome, e si parla di "Grande Città" o "Mela" e "Capitale" senza nominarle in altro modo. La storia comincia con il giovane Smoky Barnable che si reca a Edgewood per sposare Daily Alice Drinkwater, rampolla di una famiglia un po' particolare, discendente da un architetto, il costruttore della bizzarra villa di Edgewood (come dice il nome, un luogo liminale, sul margine del bosco, o meglio sul margine di un'altra realtà) e di una sorta di medium Inglese. 

Con il procedere della vicenda, anche grazie a diversi flashback, è sempre più chiaro che i Drinkwater sono convinti di far parte di una Fiaba, storia o grandioso piano dalla natura non chiara, messo in atto da entità fatate della cui esistenza loro stessi non sono davvero sicuri. 

Little, Big è anche una saga familiare, in quanto, dopo un salto temporale, troviamo come protagonisti le figlie e il figlio di Alice e Smokey, in particolare Auberon, che partirà a cercare fortuna nella Grande Città, e Lilac, la misteriosa figlia di Sophie, l'altra sorella Drinkwater. Questo salto generazionale segna anche una variazione d'atmosfera: dalla solarità campagnola, pur dotata di qualche ombra, si passa  a un quadro più cupo e a un'ambientazione più spesso cittadina. A questo punto la storia inizia a divergere progressivamente da quella del nostro mondo e il ritmo a diventare un po' più veloce, con l'introduzione e la ricomparsa di nuovi personaggi (e il ritorno di un paio di figure già viste) che potrebbero anche essere parenti dei Drinkwater, tra i più interessanti del libro. Gli elementi fantastici si fanno sempre più notevoli e si inizia a capire molto di più. Verso la fine c'è persino un po' di vera azione e magia.

A causa di queste caratteristiche è stato paragonato a Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez, romanzo che non ho apprezzato e forse nemmeno capito davvero, a differenza di altre opere di questo autore, come L'amore ai tempi del colera. Anche se il libro di Crowley è più prolisso, l'ho trovato meno confuso e con protagonisti più simpatici e meglio caratterizzati nella loro umanità non esente da vizi e errori a volte gravi.  

La conclusione ha il sapore di un endgame di Changeling the Dreaming o di una fiaba che termina quando si chiude il libro. La traduzione italiana è fatta bene, ho apprezzato le note a piè di pagina che spiegano i giochi di parole intraducibili. Sono ancora leggermente frastornato e non so che voto dare a questa opera, che però qualcosa mi ha lasciato e ciò non si può dire di tanti altri romanzi.

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