The Goblin Emperor e The Witness for the Dead: doppia recensione.








The Goblin Emperor e The Witness for the Dead: doppia recensione.




Inauguro la rubrica delle recensioni di romanzi e racconti con un post doppio, tanto per fare le cose semplici.  Recensirò due romanzi fantasy della scrittrice americana Sarah Monette, pubblicati sotto lo pseudonimo di Katherine Addison. 


Questi due libri non sono il seguito l’uno dell’altro ma condividono l’ ambientazione e il protagonista del secondo è un personaggio secondario del primo.  Ho letto entrambi i romanzi nella versione originale in  Inglese, in quanto non sono stati ancora tradotti in Italiano, benché almeno il primo esista in diverse lingue, tra cui Spagnolo e Giapponese.




The Goblin Emperor


L’ambientazione del romanzo è piuttosto particolare e costituisce forse l’elemento che mi ha colpito di più, insieme alla figura del protagonista, il giovane Maia. Si tratta di una terra fantastica in piena rivoluzione industriale, in cui la principale (se non l’unica) specie intelligente è costituita dagli umanoidi dotati di lunghe orecchie mobili che si dividono in Elfi, gli abitanti dell’Impero di Ethuveraz a Nord, (generalmente pallidi, con i capelli bianchi e molto impostati) e Goblin, che vivono principalmente nel territorio meridionale del Barizhan (solitamente scuri di carnagione e capelli nonché più spontanei). Si tratta in sostanza di due etnie e anche se alcuni Elfi di classe aristocratica hanno idee razziste, non mancano i personaggi di origine mista, dotati di caratteristiche fisiche che rispecchiano entrambe le stirpi. Lo stesso Maia è figlio dell’imperatore di Ethuveraz e di una principessa Goblin.  La vicenda inizia con il disastro aereo che comporta la distruzione del dirigibile su cui viaggiavano il padre e i fratellastri maggiori di Maia, fatto che lo rende inaspettatamente l’erede al trono.


Il protagonista è strappato al suo esilio e anche se deve affrontare da subito i dubbi e persino l’aperta ostilità di alcuni sudditi di alto rango, si fa strada nel nido di vipere della corte imperiale con diplomazia e gentilezza, facendo scalpore per l’attenzione che riserva ai problemi delle classi meno abbienti e delle donne, che nella società sessista e classista dell’impero godono di ben scarsa considerazione. Già l'incipit con il dirigibile precipitato ci fa capire che non ci troviamo davanti al una trita ambientazione pseudo medievale, ma a un mondo nel pieno della rivoluzione industriale, caratterizzato dalla contrapposizione tra vecchio e nuovo, poveri e ricchi, industria e campagna. 


Consiglio di leggerlo, anche a chi non è appassionato di fantastico, ma la lettura di questo libro per me è stata un’esperienza particolare, perché ho apprezzato alcuni elementi mentre altri  mi hanno lasciato piuttosto dubbioso. Intanto il ritmo della narrazione, soprattutto nella prima parte, è decisamente lento, mentre apprezzo le vicende caratterizzate da  più azione. La seconda parte però è decisamente più avvincente, ci sono un paio di colpi di scena e vediamo per la prima volta in azione la magia, fatto raro nel mondo  di Maia, seppure presente. 


Un altro elemento che per alcuni lettori e lettrici potrebbe risultare ostico sono i nomi dei tanti personaggi. Si tratta di nomi e titoli bizzarri come Min Nedao Vechin, Mer Thara Celehar, Cala Athmaza, Osmerrem Shevean Drazharan e Osmin Csethiro Ceredin, che però grazie alla loro stranezza mi sono suonati da subito verosimili. 


Come scritto in precedenza l’ambientazione è un particolare fantasy dell’era industriale, ma il mondo  a parte le usanze della corte imperiale, non viene descritto  molto, più che altro suggerito in maniera evocativa nei frequenti dialoghi tra i personaggi, peraltro sempre ben scritti. Non ho apprezzato particolarmente  questa caratteristica, che però reputo cambiare in meglio in The Witness For The Dead. I personaggi sono quasi tutti ben delineati, specialmente Maia e il suo segretario Csevet, ma anche gli antagonisti spiccano, anche per la loro verosimiglianza. Un appunto che mi sento di fare è che alcune figure, come la volitiva Csethiro, mi sono sembrate sottoutilizzate, a volte da loro ci si potrebbe aspettare qualche gesto eclatante e interessante, che poi invece non compiono. 


Un punto interessante è che Maia non è un eroe, non è forte né ha capacità straordinarie, ma è un ragazzo normale gettato in una situazione più grande di lui, in cui cerca di navigare a vista sfruttando il suo buon carattere cercando anche di cambiare le cose per il meglio. Però non è un santo: più di una volta ha la tentazione di mollare tutto e ritirarsi da qualche parte per vivere in pace anche se questo potrebbe costare caro alla gente dell’Impero. In ogni caso secondo me è un libro da leggere, lo valuto tre spade e mezza su cinque.












The Witness for the Dead




Questa volta ci troviamo di fronte a una vera e propria detective story in salsa fantasy: il protagonista è Thara Celahar, personaggio secondario di The Goblin Emperor, a cui l’imperatore Maia affida l’indagine sul disastro aereo che ha causato la morte di suo padre e dei suoi fratelli. Thara è un sacerdote che ha perso la sua prelatura per aver avuto una relazione con un uomo, per di più sposato (finita malissimo, ma leggete il libro per saperne di più). Se vi state chiedendo.se la società imperiale sia anche omofoba, la risposta è sì, specie tra le classi più ricche. Il nostro elfo ha però conservato la sua condizione di sacerdote di Ulis (il dio dei sogni e dei morti) probabilmente per le sue rare capacità: è un Testimone dei Morti, ovvero un chierico in grado di percepire gli ultimi pensieri di una persona deceduta (sempre che non sia trascorso troppo tempo dalla morte). Ciò lo rende un investigatore eccezionale nei  casi di omicidio e gli dona la capacità di quietare i ghoul, (terrificanti spettri antropofagi che possono sorgere da una tomba priva di lapide) captandone il nome. La sua vocazione però non è universalmente rispettata; alcuni non credono che sia una capacità reale o ne hanno paura. Aggiungiamo la sua posizione anomala in seno al clero e abbiamo già la ricetta per causare molte difficoltà al buon Thara.


Personalmente ho apprezzato questo romanzo più di The goblin emperor, sia per la maggior presenza di azione, sia perché  vengono mostrati molti più elementi del mondo, riguardo a geografia, cucina, tecnologia e vita quotidiana, ad esempio abbiamo finalmente un’idea del prezzo di beni e servizi, in quanto ovviamente l’imperatore non ha bisogno di spendere personalmente denaro per le sue esigenze, ma Thara sì. A questo proposito ho avuto l'impressione di una leggera incongruenza, poiché la città di Amalo sembra più avanzata tecnologicamente della capitale, sono presenti tram (a vapore?) e  riscaldamenti centralizzati. mentre nel palazzo imperiale accendono i camini con legna e carbone. il personaggio di Tara è interessante, un uomo molto bravo nel suo lavoro che ha ancora dei sensi di colpa irrisolti ma un gran coraggio e una notevole capacità di compassione (in contrasto a diversi altri prelati del luogo) e mi ha ricordato un po' Patrick Jane del telefilm The Mentalist, in quanto investigatore tormentato che beve un sacco di tè. 


La vicenda si sviluppa attorno alle morti sospette di due donne, svolgendosi più che altro nella città industriale di Amalo, con un paio di escursioni in altri luoghi, e visitando ambienti sia poveri che ricchi, dagli hangar dei dirigibili al teatro dell’opera, tra difficoltà, imprevisti, incidenti, odi, amicizie, ghoul, spettri, viaggi in tram, pericoli, ricatti, un pizzico di magia e tante indagini. Un giallo fantasy molto particolare che si merita 4 spade su cinque.















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