Di recente ho concluso una campagna di Household condotta con la formula "Open Table" e vorrei condividere alcune considerazioni su questa esperienza, che mi ha lasciato soddisfatto e, come spesso accade, anche un po’ malinconico per la fine del gioco. Ma più che un bilancio emotivo, questo vuole essere uno sguardo su cosa ha funzionato (e cosa forse meno) in questo tipo di struttura applicata a un gioco come Household.
Perché proprio Open Table?
La scelta di usare un formato *Open Table* — cioè una campagna con un gruppo di gioco non sempre fisso a ogni sessione — si è rivelata particolarmente adatta al tipo di racconto che Household permette di costruire. C’è una crescita dei personaggi, certo, ma anche un cambiamento meno prevedibile, che può comprendere elementi negativi come le cicatrici, e tutto questo avviene in modo naturale con il passare dei capitoli della Casa.
In un contesto del genere, non ci sono forti discrepanze di “potere” tra i personaggi. Nessuno si stacca troppo dagli altri, e questo evita alcuni squilibri tipici di altre strutture più legate a livelli o punti esperienza. Alla fine, chi c’era giocava, e chi non c’era rientrava senza troppe complicazioni nelle sessioni successive.
Struttura e organizzazione
Il gruppo (senza contare me come arbitro) contava sette persone, con la regola di un minimo di tre e un massimo di cinque partecipanti per sessione. Questo ha funzionato bene: non c’è mai stato bisogno di escludere nessuno, e tutti hanno avuto modo di partecipare. In media giocavamo in quattro, e solo una volta non siamo riusciti a trovare un numero sufficiente per sederci al tavolo.
La costanza del ritmo (una volta a settimana) ha aiutato molto, e la struttura ha favorito una buona rotazione: qualcuno era più presente, qualcun altro meno, ma nessuno è rimasto ai margini. La storia si reggeva comunque.
Ma in pratica, cosa hanno fatto?
L’idea di base era che i personaggi fossero agenti dell’Alto Consiglio che riunisce i rappresentanti delle nazioni della Casa, impegnati in missioni per conto dei vari governi. Alcune missioni erano più “politiche”, altre più d’azione, ma tutte contribuivano a un filo conduttore: il recupero di una serie di ritratti che, messi insieme, fornivano un indizio per ritrovare la leggendaria Chiave del Padrone. Un oggetto importante per la storia della Casa ma non parte della saga ufficiale di Household, che ho usato come pretesto per dare coerenza narrativa a un format tutto sommato episodico.
Nell’ultima sessione in particolare, invece, abbiamo toccato gli eventi della saga canonica ma lasciando comunque spazio ai personaggi per influenzare la storia. Ho sempre preferito non forzare troppo la narrazione. Anche nella mia prima campagna ambientata nello stesso periodo, i giocatori avevano impedito un evento “storico” come l’attentato al Marchese Tristan des Larmes di Mont Guignol. Da allora, quell’evento semplicemente non è mai accaduto nel mio mondo (o Casa) di gioco. E anche le mie campagne successive hanno tenuto conto di quella deviazione. Qui invece il gruppo è riuscito a guadagnarsi il rispetto del capitano Dimitrios Astralta, un ufficiale delle Fate Esterne con cui hanno avuto uno scontro e ciò potrà essere utile in eventuali negoziati futuri con il suo popolo.
Atmosfera e dettagli
Uno degli aspetti su cui ho voluto insistere è il tono pseudo-ottocentesco dell’ambientazione. In una sessione, ad esempio, i personaggi dovevano recuperare un quadro durante un ballo nobiliare, e ho fatto qualche piccola ricerca sui rituali sociali del periodo, scoprendo i carnet di ballo, le regole per evitare l’esclusione nei balli, e persino norme più rigide (e meno positive) su chi potesse ballare con chi.
Anche dettagli come l’abbigliamento o il decoro sociale sono entrati nel gioco, non solo per colore ma anche come strumenti per ottenere vantaggi. In Household, il modo in cui ci si presenta (o come si compie l'azione, o avere l'oggetto giusto), può effettivamente influenzare il risultato di un’azione — e ho trovato interessante vedere come chi ha giocato abbia imparato a usare questi elementi in modo attivo.
Il regolamento: cosa ho scoperto (di nuovo)
Pur conoscendolo già, ho scoperto nuove potenzialità nel sistema della seconda edizione. In particolare, il già citato concetto di "aiuto" — cioè qualcosa di concreto nel mondo di gioco che migliora le possibilità di successo — si è rivelato fondamentale. Si tratta di elementi narrativi: un oggetto, un alleato, una situazione favorevole, che forniscono importanti Dadi bonus in più. Lo stesso concetto all'oppposto costituisce invece l'Intralcio.
Questa struttura premia la creatività di chi gioca, e infatti col tempo tutti hanno imparato a “costruirsi” i propri aiuti in modo efficace. Di contro, una volta capiti i meccanismi. In questo modo ho notato che negli ultimi Capitoli, con i personaggi ben avanzati, fallire un tiro di azione (in cui si sceglie quale abilità e ambito tirare, nei limiti della sensatezza a seconda dell'azione) diventa difficile, se non in casi particolari.
Le reazioni salvano l’equilibrio
Per fortuna, il sistema dei "tiri di reazione" aggiunge un livello di rischio che mantiene viva la tensione. I tiri di reazione si fanno per evitare qualcosa di potenzialmente negativo personaggio, ed è lì che anche i più esperti possono trovarsi in difficoltà. Soprattutto se non hanno aiuti o manovre specifiche disponibili.
Questo mantiene il gioco interessante anche nelle fasi più avanzate della campagna. Nessun personaggio è mai davvero invulnerabile, e le conseguenze negative — anche pesanti — rimangono possibili fino alla fine.
In conclusione
Household si è confermato un gioco estremamente adatto a un formato flessibile come l’Open Table. L’atmosfera regge, la struttura narrativa è abbastanza modulabile, e il sistema è semplice ma non banale. L'ambientazione evolve, i personaggi crescono, e le loro scelte lasciano segni veri nella storia.
Tornerò nella Casa, molto probabilmente in autunno. Magari con chi ha già vissuto le sue stanze, o forse con un gruppo in parte nuovo.
Il Giardino, con i suoi misteri, attende.
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