Dal diario di Nadèje — 1 marzo, Koi nel Canneto
Non so cosa mi aspettassi da Koi, ma certo non questo silenzio.
La città sorge sull’acqua, sospesa su pontili e grandi ninfee galleggianti dai fiori pallidi, che cominciano ora a sbocciare, e ogni suono — perfino i passi — suona attutito, come se tutto Giardino avesse messo il dito sulle labbra.
Le lanterne ondeggiano nella nebbia, le rive sono colorate d’oro e di violetto dai bucaneve, tra i canneti si muovono ombre di rane, e pesci color rame scivolano sotto il pelo dell’acqua.
È un luogo di pace, ma anche di distanze.
Nessuno ci capisce.
Quasi tutti qui parlano solo lo Shigo, la lingua degli Shinigami.
Le parole di Gwen, per quanto cerchi di farsi intendere, si perdono come sassi lanciati nell’acqua: fanno un piccolo cerchio e poi scompaiono.
Carlotta tenta sorrisi e gesti, ma persino i bambini ci guardano con curiosità diffidente, come se fossimo spettri venuti dalla Casa..
Abbiamo provato a chiedere udienza a Lady Midori, presentandoci ai piedi del Monte Annaffiatoio sopra cui sorge il suo verde Palazzo Ossidato, ma i guardiani ci hanno risposto con un inchino e poche parole che suonavano come “non ora” — che forse significa “mai”.
Almeno non fa più così freddo.
Abbiamo vagato a lungo per le passerelle umide, finché il sole ha cominciato a morire dietro il canneto,..
È stato allora che l’abbiamo incontrata.
Una signora Shinigami di mezza età, con lunghi capelli blu-grigi e una veste color cielo, si è avvicinata portando un cesto di germogli.
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| Lady Sui |
Ci ha parlato con voce bassa, in un misto di Shigo e lingua Domestica, abbastanza perché Gwen potesse capire: ci invitava a seguirla.
La sua casa era poco distante, su un isolotto di canne intrecciate e ninfee.
Dentro, l’aria profumava di brodo aromatico e tè di piantaggine.
Ci siamo sedute intorno a un tavolo basso, e lei ci ha servito ciotole fumanti con una grazia che non ho visto neppure nei salotti del Reame.
Poi, con calma, ci ha raccontato la sua storia.
Un tempo — disse — era chiamata Lady Sui, e possedeva una piccola tenuta a ovest, nel villaggio di Amehara, dove crescono i fiori che si aprono solo di notte.
Ma in un inverno terribile, quando i raccolti morirono e il lago gelò, fu costretta a vendere a poco prezzo la casa e terreni a un gruppo di rōnin, guerrieri senza padrone.
Ora che la fortuna è tornata, quei rōnin rifiutano di lasciarla riacquistare ciò che era suo.
Lady Midori — aggiunge con un sorriso stanco — non può o non vuole intervenire, perché la vendita è legittima e forse qualcuno di quei ronin in passato l’ha aiutata.
“Io non voglio vendetta,” ci ha detto, fissando la superficie del tè come se vi vedesse riflesso il passato.
“Voglio solo tornare a casa. Ma nessuno ascolta chi ha perso il proprio titolo e la propria eredità.”
Gwen ha preso la sua mano e ha promesso che ci avremmo pensato.
Carlotta ha annuito in silenzio.
Io ho guardato fuori, verso l’acqua scura e le lanterne che galleggiavano come anime smarrite, e ho sentito che il viaggio verso il Serpente della Luna ci avrebbe portate in luoghi sempre più distanti — non solo nello spazio, ma nei destini degli altri.
Stanotte dormiremo sotto il suo tetto, ascoltando il canto dei rospi e lo sciabordio dell’acqua.
Domani, forse, capiremo come affrontare quei rōnin.
Ma una cosa è certa: Koi è bellissima, eppure ogni suo riflesso sembra nascondere un dolore antico.
La trattativa ad Amehara e il Duello di Nadèje
Amehara è un villaggio malinconico, incastonato tra fiori notturni e i giunchi che si affollano sulla riva del lago..
I rōnin vi si sono stabiliti come ombre arroganti: omini senza padrone, ma con troppo orgoglio.
Quando Nadèje, Carlotta e Gwen raggiungono la piazza, i rōnin stanno affilando le lame e riparando armature che hanno visto giorni migliori. Al centro, seduto su una ghianda, c’è il loro capo: Tadashi il Nero, un enorme Shinigami dagli occhi scuri come due pezzi di carbone.
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| Tadashi il Nero |
Nadèje, rattenendo la tensione, parla per prima, in Domestico:
“Lady Sui desidera riavere la sua casa. Vi offre un prezzo giusto. Potreste comprare una dimora più grande, magari in un villaggio che vi accoglierebbe meglio.”
Gwen aggiunge qualche parola in Shigo elementare; Carlotta sorride con tutta la gentilezza possibile, ma si vede che i rōnin non le piacciono.
Ma questi Shinigami sono diffidenti, orgogliosi, e la barriera linguistica rende tutto più difficile.
Si tira. Nadèje riuscirà a convincerli? (senza vantaggio a causa delle circostanze sfavorevoli)
Tiro: Dado Chance 1 — Dado Rischio 3 → NO, e…
Non solo la proposta fallisce: Tadashi si alza in piedi, furibondo.
La sua kamakiri katana fatta con una zampa di mantide scivola fuori dal fodero.
“Andatevene,” ringhia, puntando la lama verso il gruppo.
“La casa è nostra. Il contratto è legale. Un passo avanti e taglio la vostra insolenza, insieme alla vostra carne .” (questo lo parla piuttosto bene il Domestico, pensano le ragazze…)
Carlotta fa un mezzo passo indietro.
Gwen sbianca.
Ma Nadèje no.
La ragazza avanza, solleva il mento e risponde con tutta la forza che le brucia nel petto:
“È così che si trattano delle signore, Tadashi?
Se vuoi imporre la tua volontà con la lama, allora scegli un'avversaria che ne sappia usare una. Ti sfido a duello.”
Un mormorio corre tra i rōnin.
Tadashi sogghigna, convinto di avere già vinto.
“Duello accettato.”
Gli Shinigami formano un cerchio intorno ai contendenti, e la nebbia del Canneto sembra condensarsi attorno a tutti loro.
Nadèje scioglie la sua sciarpa da duello, seta di ragno azzurra ricamata con filo di metallo numismatico, e la avvolge intorno al braccio.
Nell’altra mano stringe la lancetta, un’arma robusta che lei maneggia come un’antenna di falena.
Tadashi invece impugna a due mani la sua grande katana di chitina e si mette in guardia alta, sicuro di sé.
Nadèje riuscirà a vincere il duello?
Dado Chance 3 e 5 — Dado Rischio 5 → SÌ, MA… (+1 al Contatore dei Colpi di Scena)
Nadèje vince, ma subisce una perdita:
Il duello inizia.
Tadashi attacca come un’onda scura, la lama che sibila a un soffio dal viso di Nadèje.
Lei scivola indietro, schiva di lato: ogni movimento sembra una figura di danza, e la sciarpa diventa un’estensione del suo corpo, un inganno per gli occhi.
Il rōnin colpisce ancora, più forte, ma Nadèje devia il colpo con la lancetta, l’impatto metallico che risuona come un piccolo tuono tra le canne.
Carlotta trattiene il fiato.
Gwen stringe il suo taccuino come uno scudo.
Poi, un istante di apertura.
Nadèje balza in aria, spinta dalle sue ali, per colmare la differenza di altezza con l’avversario, e attacca con un fendente alla testa. Tadashi para, ma il polso sinistro della Fata scatta, gettando la sciarpa sul volto dello Shinigami, accecandolo.
Ma Tadashi non è uno sprovveduto: mezzo passo indietro e la kamakiri katana si abbassa, talmente veloce da essere invisibile.
La sciarpa è tagliata in due, i ricami d’argento che volano come cenere nel vento.
Lo Shinigami ora ha gli occhi liberi e si prepara a vibrare un colpo potente… ma Nadèje è più veloce: la sua lancetta balena, lacerando il viso del rōnin prima che lui possa alzare di nuovo la sua lama.
Tadashi rimane immobile, con lo squarcio sul volto che si chiude grazie al potere del suo Sangue Grigio, poi fa un passo indietro e abbassa la katana.
L’onore lo obbliga: la vittoria è di Nadèje.
“Hai vinto, straniera. La casa è vostra.”
I rōnin mormorano, ma annuiscono, accettando il verdetto.
Nadèje raccoglie i resti della sciarpa, ripiegandoli con cura triste. Era un dono di sua madre e solo in Cantina si trovano artigiani capaci di realizzarne un’altra.
Carlotta corre ad abbracciarla.
Gwen le sorride con ammirazione.
Tadashi la osserva, e per la prima volta, sembra quasi rispettarla.
Nadèje ha vinto.
Ma la sciarpa non tornerà.
Udienza a Palazzo Mizujiro
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| Nadèje in Primavera |
Lady Sui mantiene la parola.
Il mattino seguente, prima ancora che l’umidità della notte evapori dalle canne, Sui conduce Nadèje, Carlotta e Gwen lungo un sentiero che sembra muoversi sotto i loro piedi, come una biscia d’acqua che serpeggia tra gli steli giganteschi del Canneto.
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| Carlotta in tenuta primaverile |
Le tre ragazze hanno dormito poco: la mente piena di adrenalina, il corpo ancora scosso dal duello con Tadashi e dal peso dell’ingiustizia corretta. Però di prima mattina si sono recate a un’Onsen, uno stabilimento termale costruito intorno a una fonte curativa, per lavarsi e rilassarsi nell’acqua tiepida, poi hanno tirato fuori i loro abiti migliori, per presentarsi al meglio davanti alla Daimyo di Koi.
Lady Sui invece procede composta, con il passo lieve e rispettoso di chi sta per chiedere un favore molto grande.
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| Gwen in abito tipico del Canneto |
Mizujiro, il palazzo di Lady Yūrei Midori, è costruito sopra il Monte Innaffiatoio, che sorge contro il retro della Casa, intorno a quel rubinetto che Occhi di Pietra aprì per creare il Canneto.
Ai piedi del Monte Innaffiatoio — Il Contratto Ossidato
Il vento sul Monte Innaffiatoio aveva un suono diverso: non un soffio, non un lamento, ma il rumore di qualcosa che gratta, come metallo vecchio che sfrega contro la Casa.
Quando le tre ragazze superarono l’ultima curva del sentiero, li videro.
Sembravano statue.
Tre figure alte, in armature color verderame, con elmi dalle maschere zannute. Stavano immobili davanti alla grande porta di metallo fiorito che conduceva alla Fortezza Ossidata, la dimora di Lady Yurei Midori.
Carlotta sussurrò:
«Sembrano… sono statue o omini viventi?.»
Quando misero piede sulla soglia, le statue si mossero.
Prima un fruscio di sabbia.
Poi un crack come di un guscio che si spezza.
Infine, all’unisono, tre teste si sollevarono.
Le loro voci uscirono come colpi di vento nelle condutture:
«Fermatevi. Ospiti o intrusi?»
Nadèje, d’istinto, fece un passo avanti.
«Ospiti, se la Signora della Fortezza vorrà concederci udienza.»
Il primo Samurai Ossidato alzò un braccio rigido.
Dalla mano cadde una pergamena.
Il secondo diede un colpo con l’asta della naginata, e il sigillo si sciolse.
Il terzo parlò:
«Per entrare, dovete accettare il Contratto Ossidato.
Una firma. Una scommessa. Una parola d’onore.»
Le tre ragazze si scambiarono un’occhiata, mute.
Le Clausole
La pergamena si srotolò da sola, mostrando ideogrammi verde–neri, pulsanti come cuori.
FINTANTO CHE SEI OSPITE DELLA FORTEZZA OSSIDATA:
non puoi prendere nulla che non ti appartenga;
non puoi mancare di rispetto alla Padrona di casa;
non puoi sguainare un’arma senza che ti venga chiesto.
Se infrangi anche una sola di queste regole,
la tua carne verrà toccata dall’Ossidazione,
e diventerai come noi.
Carlotta rabbrividì.
Gwen deglutì, immaginandosi con le dita rigide di verderame.
Nadèje, invece, sollevò il mento.
Il primo Samurai disse:
«Fata del Reame, tu firmerai.»
La pergamena brillò davanti a lei, pronta a ricevere l’inchiostro.
Nadèje prese la penna cerimoniale: era fredda come pietra.
Scrisse il suo nome.
Una luce argentea attraversò le lettere, poi si spense.
Il secondo Samurai si voltò verso Carlotta:
«Tu, Sluagh della Cantina. Tu non firmi. Tu scommetti di rispettare il Contratto.
Se menti… sarai la prima a cadere.»
Carlotta, tesa come una corda di violino, sollevò la mano destra.
«Scommetto… che rispetterò le clausole del Contratto, finché sarò ospite della Fortezza.»
Un bagliore verde rospo attraversò gli occhi dei Samurai.
Il terzo Samurai si avvicinò a Gwen.
Molto lentamente.
«Tu, Boggart. Non firmi. Non scommetti. Dai la tua parola d’onore.»
Gwen sentì il peso di tutto ciò che aveva perso: Qamar, la sua libreria, le sue speranze infrante.
E capì che la sua parola valeva ancora qualcosa.
Inspirò profondamente.
« Avete la mia parola d’onore: rispetterò il Contratto.»
I Samurai ossidati si inchinarono in un gesto solenne. Le porte della Fortezza Ossidata si aprirono con un gemito metallico.
«Entrate. E siate degne della nostra Padrona.»
Le tre ragazze si scambiarono un’ultima occhiata, poi varcarono la soglia.
La porta si richiuse dietro di loro con un suono come di ruggine che ride.
***
Dentro, ogni cosa è coperta da una patina verde e nera, pavimenti, mobili, stuoie e pareti. L’aria profuma di sale, tè e nebbia, con una nota metallica indefinibile in sottofondo.
Altri due samurai ossidati accolgono il gruppo.
Lady Sui si inchina profondamente.
“Chiedo udienza a nome di queste viaggiatrici. Hanno difeso il mio onore e la mia casa.”
Le guardie si scambiano uno sguardo.
Poi le fanno cenno di passare.
Nel grande salone del palazzo, l’aria è fresca e silenziosa.
Al centro, seduta su una piattaforma rialzata bordata di foglie d’argento, vi è Lady Midori.
La signora del Canneto non è come l’immaginavano: non assomiglia alla severa Mantide di Koi di cui racconta.
La sua pelle è pallida, quasi trasparente, come se la luna stessa avesse deciso di darle un volto. I capelli verdi sono una cascata, che le scende lungo il corpo avvolto da un kimono color giada e lavanda. Al suo fianco è sistemata una micidiale kamakiri katana verde.
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| Lady Yurei Mídori |
Gli occhi color foglia le osservano senza giudicare.
Quando parla, la sua voce è come acqua che sgorga da una roccia:
“Siete voi le forestiere che hanno sfidato Tadashi il Nero?” Dice, in perfetto Domestico.
Nadèje inspira piano.
“Sì, mia signora. L’ho fatto per ristabilire la giustizia.”
“E ci siete riuscite,” mormora Midori. “Il villaggio di Sui vi sarà grato a lungo.”
Un lieve sorriso le sfiora il volto, quasi impercettibile.
Carlotta e Gwen si inchinano; Nadèje fa un passo avanti.
Lady Midori abbassa gli occhi per un istante, come se stesse ascoltando qualcosa che nessuna delle tre può sentire.
Poi solleva una mano.
“Nei vostri passi sento un’altra ricerca. Qualcosa vi ha guidate qui oltre al caso.
Parlate: cosa cercate nel Canneto?”
Gwen si schiarisce la voce.
È lei a rispondere, per una volta senza esitazione:
“Cerchiamo il Serpente della Luna. Occhi di Pietra.”
Lady Midori si alza in piedi.
“Allora fate bene a essere venute da me.”
La Signora di Koi resta in piedi davanti a loro, immobile come una statua scolpita nella nebbia.
Le lanterne di guscio di chiocciola oscillano piano, proiettando ombre morbide sui tatami intrecciati.
Poi, la signora del Canneto parla:
“Voi chiedete la via per Occhi di Pietra. Prima devo conoscere i vostri cuori.”
Le sue iridi, color tè di giada, si posano su Carlotta.
“Perché una figlia dell’Orda affronta le intemperie del Giardino per un segreto che non le appartiene?”
Carlotta arrossisce, ma non svia lo sguardo.
“Perché non sopporto l’ingiustizia.Perché voglio che i popoli della Casa e del Giardino vivano insieme senza paura.
E perché…”
esita, poi sorride,
“perché non lascerei mai Nadèje da sola.”
Lady Midori annuisce, come se si aspettasse proprio quella risposta.
Poi la sua attenzione scivola su Gwen.
“E tu, erudita. Perché cerchi un serpente antico quanto la Luna, quando potresti vivere una vita tranquilla a scrivere libri e servire tè?”
Gwen si raddrizza, stringendo i lembi del suo kimono improvvisato.
“Cerco la verità, perché i Contratti non sono mai solo parole.
Possono proteggere o distruggere.
Se qualcuno usa il loro potere per gli scopi sbagliati…voglio essere lì a impedirglielo.
Lady Midori socchiude gli occhi—non giudica, ma comprende.
Infine, si volta verso Nadèje.
Il suo sguardo diventa più attento, più tagliente, quasi… affettuoso.
“E tu, Fata figlia della Casa, perché cerchi un potere che non appartiene al tuo popolo?
Vuoi davvero trovarlo? E cosa farai di ciò che scoprirai?”
La stanza diventa silenziosa.
Nadèje inspira, sentendo Carlotta vicina come una fiamma che scalda.
“Anch'io cerco la verità, non per il potere che essa potrebbe darmi, ma per capire chi siamo davvero: noi della Casa, e voi del Giardino. Forse per capire meglio chi sono io. Sono figlia di due Popoli, mia madre è una Sluagh e mio padre un Fae. Se questa guerra deve davvero finire… dovremo essere davvero uguali, tutte e tutti, nei fatti e non solo nei proclami.”
Midori la osserva a lungo, poi sorride appena — un sorriso sottile come un filo d’acqua.
Risponde a Nadèje in lingua Fae: “Vi credo,e ti capisco, figlia di due Popoli.”
La Richiesta di Lady Midori
Lady Midori si siede di nuovo sulla piattaforma rialzata.
“Vi darò la prima parte della Tavoletta della Luna.
Ma prima… ho bisogno del vostro aiuto.”
Le ragazze si scambiano un’occhiata.
Midori solleva il braccio sinistro, aprendo la manica del kimono.
La pelle è screziata da venature verde malachite, come radici contorte sotto una superficie traslucida.
“Anch’io sono figlia di due Popoli: mia madre era una Fata e mio padre uno Shinigami: il Daimyo Yurei Genzo. Un tempo mio padre mi salvò la vita consacrandomi alla Fonte Ossidata. Vissi, ma da allora il mio sangue è intriso di veleno verderame. Un veleno che noi Shinigami del Canneto chiamiamo midori-doku:
una benedizione quando è in equilibrio…
una condanna quando trabocca.”
Gwen trattiene il fiato.
Carlotta rabbrividisce.
Nadèje ascolta, attenta.
“Questo veleno mi consuma dall’interno.
Per rallentarlo, serve un uovo fresco di rospo delle canne.”
Le ragazze impallidiscono.
I Rospazzi delle Canne: enormi, territoriali, e la loro pelle trasuda un muco velenoso.
Il Canneto ne parla come di bestie sacre e imprevedibili.
Lady Midori prosegue:
“Io non posso prenderlo. Ho stretto un contratto con i Rospi del Giardino. Io e i miei sudditi non possiamo avvicinarci ai loro nidi… né toccare le loro uova.”
“Ma voi… Voi non siete mie suddite.”
Una pausa, densa come acqua stagnante.
“Portatemi un uovo e vi darò ciò che cercate: la prima parte della Tavoletta della Luna, che custodisce il segreto del Serpente della Luna, e il nome del luogo dove risiede Lale, così potrete trovare trovare Occhi di Pietra.”
Carlotta deglutisce.
Gwen stringe il taccuino.
Nadèje, con calma, risponde:
“Lo faremo.”
Navigazione sul Lago del Canneto – Il Pesce dorato delle Ninfee
Lo Shinigami che le attende sul molo è alto, magrissimo e di un grigio tanto uniforme da sembrare scolpito nella pietra. Non parla quasi, indica soltanto la barca: un'imbarcazione di carta ripiegata, piccola ma lucida come seta impermeabile.
Le ragazze salgono a bordo una alla volta — Nadèje leggera come un'ala di falena, Carlotta cauta come sempre, Gwen con la goffaggine di chi non è mai stato a suo agio sull’acqua.
Lo Shinigami spinge via la barca e inizia a manovrare con un lungo remo d’osso di pesce.
Il lago è immenso, scuro, pieno di ninfee pallide che galleggiano al di sopra dell’acqua e celano ciò che vi si potrebbe nascondere.
Per qualche tempo regna solo silenzio.
Poi, un’ombra sotto il pelo dell’acqua.
Carlotta spalanca gli occhi.
> “C’è qualcosa che—”
Non fa in tempo a finire.
Il salto del pesce
Con uno schiocco liquido, qualcosa esplode fuori dall’acqua:
un pesce enorme, con le squame dorate, gli occhi bianchi e fissi, le pinne come lame che sferzano l’aria.
Si abbatte sul fianco della barca con un colpo secco.
La barca traballa.
Si inclina.
Scricchiola.
> “Teniamoci forte!” grida Gwen.
Nadèje sente la barca cedere a sinistra.
È questione di un istante prima che si rovesci.
Riusciranno a non cadere in acqua?
* Tiro Con vantaggio, perché Nadèje può volare.*
Dado Chance 2 — Dado Rischio 1 → SÌ, MA…
La conseguenza: Gwen cade in acqua
Appena la barca si inclina, Nadèje si spinge in aria con un rapido battito delle ali.
Afferra Carlotta prima che perda l’equilibrio, la solleva di pochi minicentimetri e la porta di nuovo in posizione stabile.
Ma Gwen… non fa in tempo.
Con un grido mezzo indignato e mezzo spaventato scivola dal bordo e cade nel lago.
> “GWEN!”
La barca si raddrizza, il pesce scompare con un tonfo e cerchi concentrici si allargano sull’acqua nera.
Nadèje si lancia subito verso di lei, mentre Carlotta si sporge con un braccio teso.
Gwen riemerge sputacchiando, spettinata, con i capelli zuppi
> “Tutto… tutto bene! Credo!
> Il mio taccuino però… oh, NO—!”
Un’onda la interrompe e la ributta sotto.
Nadèje le afferra una mano, e la testa le riaffiora.
Gwen tenta di risalire a bordo,aiutata dalle altre due ragazze, quando il lago si increspa di nuovo.
Un’onda fa beccheggiare la barchetta.
Nadèje sente un brivido alla base delle ali.
Carlotta mormora:
> “Non è finita, vero?”
No.
Non lo è.
Dal nero del lago affiora una forma enorme:
Il pesce gigantesco è tornato e...
È affamato.
Apre la bocca.
E Gwen è lì.
A portata di un solo morso.
Riusciranno a salvare Gwen?
Tiro: Dado Chance 5 — Dado Rischio 4 → SÌ E…
Le ragazze reagiscono all’unisono.
Nadèje vola in avanti, il cuore in gola.
La lancetta descrive un arco rapido, preciso, elegante — una linea d’argento sopra l’acqua.
Colpisce il pesce dritto sul muso.
La creatura emette un gorgoglio basso, come una bolla che esplode in profondità. Esita...
Subito dopo, Carlotta afferra la pertica del barcaiolo — molto più pesante di quanto sembri — e con uno slancio improvviso la schianta sulla testa del pesce, proprio mentre tenta un secondo assalto.
> “LASCIA LA NOSTRA AMICA, MOSTRO!”
Il colpo risuona come una botta su una pentola vuota.
Il pesce si torce, sbatte la pinna, spruzza acqua ovunque…
poi batte in ritirata, scivolando giù, nel buio del lago.
…ma non senza lasciare qualcosa
Mentre affonda, una scaglia d’oro opaco, grande come la mano di Nadèje, si stacca dal suo fianco e rimane a galleggiare a mezz'acqua.
Nadèje la afferra al volo prima che sprofondi.
Brilla di una luce strana, non naturale, come se fosse tinta di luna.
> “Una squama dorata…”
> mormora Gwen, ansimante, mentre le ragazze la tirano finalmente a bordo.
> “Ragazze… non sapete che valore può avere un reperto simile per un naturalista…”
Carlotta le strizza i capelli bagnati.
> “Gwen, per poco non diventavi il pranzo del reperto naturale.”
Nadèje ride sotto voce, ripiegando le ali.
Lo Shinigami alla guida della barca non commenta, ma i suoi occhi grigi si allargano appena alla vista della squama.
Il viaggio continua, ora con un trofeo prezioso e una storia in più da raccontare — una storia che, nessuno dubita, il Canneto ricorderà.
La Riva Nord – Il Nido delle Rospazze
La barca di carta scivola verso la riva settentrionale del lago.
Il barcaiolo Shinigami rallenta, sempre più rigido, finché decide di non avvicinarsi oltre.
> “Qui… io non vado,” mormora, con voce bassa come un ramo bagnato che scricchiola.
> “Le madri del Canneto non amano gli intrusi.”
E resta lì, immobile come un’ombra, mentre Nadèje, Carlotta e Gwen scendono sulle radici vischiose di una grande canna inclinata.
La riva è un intreccio di foglie marce, fango e acqua ferma.
La superficie del lago ribolle piano: centinaia di uova giallo–verdastre, gelatinose e luminescenti, grandi più della testa di un omino adulto, fluttuano tra le canne sommerse.
Carlotta si inginocchia.
> “Sembrano lucciole .”
Gwen si aggiusta gli occhiali, ancora fradicia com’è per colpa del pesce.
> “Tecnica di raccolta numero tre: mano sotto, sollevare, niente scatti bruschi. Non dovremmo—”
La Rospazza emerge
La Boggart non fa in tempo a finire la frase.
L’acqua davanti a loro si apre: qualcosa di enorme si solleva in superficie.
Una rospazza gigante, con la pelle gommosa e screziata di verde scuro, gli occhi rotondi e neri come pozzi.
Un gracidio cavernoso vibra nell’aria.
> “Oh no.” sussurra Gwen
La Rospazza avanza, enorme, ruggendo come un mantice fangoso.
Riusciranno a evitare l'assalto della rospa gigante?
**Tiro: Dado Chance 1 — Dado Rischio 2 → NO E…**
La rospa apre la bocca.
La sua lingua scatta fuori come un proiettile, viscosa e lunga...
E si avvolge intorno alla vita di Carlotta.
> “AAAAAH!”
> urla la Sluagh, mentre viene trascinata verso il lago.
Nadèje vola immediatamente in suo aiuto, ma la rospa è fortissima: Carlotta scivola velocemente verso le fauci della bestia, graffiando il fango con le unghie, senza trovare presa.
> “AIUTO!
> Sta— sta tirando forte!”
La rospazza solleva la testa, pronta a inghiottirla.
In soccorso di Carlotta
Riusciranno a salvare la Carlotta dalla rospazza?
**Tiro con vantaggio (Nadèje e Gwen collaborano): Dadi Chance 4 e 6 — Dadi Rischio 3 → SÌ**
Collaborano come una squadra perfetta, nonostante lo spavento.
Nadèje vola intorno alla testa della rospazza, veloce come un nastro d’ombra.
La lancetta sembra viva tra le sue mani.
Con una serie di fendenti rapidi e precisi, minaccia gli occhi del rospo, costringendolo a fermarsi. Carlotta cerca di liberarsi, ma la lingua della rospazza stringe troppo forte. La bestia sbuffa, stordita, non capisce da che lato arrivano gli attacchi.
Nel frattempo Gwen, che non è una combattente ma sa improvvisare come pochi, fruga febbrilmente nella sua bisaccia di erudita- gastronoma- investigatrice.
> “Dove— dove— ECCOLA!”
Una manciata di muffa pepata, nero–argento, potentissima e usata per insaporire le pietanze, le resta tra le dita.
> “Spero davvero che funzioni anche sugli anfibi!”
Si avvicina, si sporge, e la getta sul muso della rospazza.
La muffa esplode in un soffio pungente, aromatico e irritante.
La rospazza incrocia gli occhi.
Gonfia le guance.
E poi...
**STARNUTISCE**.
Un’esplosione d’aria puzzolente fa tremare tutta la riva.
Il getto è così forte che la lingua viscosa perde presa e Carlotta viene liberata, rotolando sul fango.
Nadèje la afferra al volo e la trascina in salvo.
Gwen cade all’indietro, coperta di muco, fango e muffa, ma viva.
La rospazza, ancora starnutendo a raffica, si rituffa in acqua con un tonfo fragoroso.
Carlotta, con i capelli arruffati, si siede sul fango, tremante.
> “Mi ha quasi mangiata!”
Nadèje le stringe la mano.
> “Non glielo avrei mai permesso.”
Gwen tossisce, cercando di ripulirsi.
> “Note per il futuro… La muffa pepata è un’arma diplomatica… efficace.”
Il barcaiolo shinigami, dalla distanza di sicurezza, annuisce e non dice nulla.
Ma il modo in cui stringe la pertica rivela che non si aspettava di vedere tre Tappe della Casa sopravvivere a una rospazza adulta.
Con la rospazza ormai lontana e ancora impegnata nei suoi starnuti titanici, le tre ragazze si chinano sull’acqua per raccogliere con cautela due uova di rospa delle canne. Gelatinose, calde, luminescenti, sono più grandi di quanto si aspettassero.
Hanno appena riposto le uova in uno dei sacchi impermeabili del barcaiolo quando un soffio di brezza fredda agita le canne lì intorno e fa increspare l’acqua.
Poi arriva la grande raffica di vento.
Il barcaiolo grida qualcosa in Shigo, cercando di trattenere la barca di carta piegata con la pertica.
Ma il vento, improvviso e rabbioso, la afferra, facendola filare via velocissima.
Le ragazze riusciranno a prendere al volo la barca?
**Tiro: Dado Chance 1 — Dado Rischio 4 → NO**
La pertica viene strappata dalle mani del barcaiolo, la barca è portata via come un aquilone impazzito, e scompare oltre un'ansa del lago.
Il barcaiolo resta immobile, impotente e terrorizzato.
> “No, no, NO!” urla Gwen. “I miei libri! C’era tutto nella mia borsa!”
> “Dobbiamo inseguirla!” dice Carlotta.
> Nadèje scuote la testa, afferrando entrambe per le braccia.
> “È inutile… sentite quanto è forte il vento. Verremo gettate nel lago. Con queste raffiche non riesco nemmeno a volare”
Il barcaiolo, pallido, indica la riva.
> “A piedi… a piedi, o pericolo” Riesce a urlare prima di essere trascinato fuori portata di voce.
E così fanno.
Bagnate, infangate, con due uova gigantesche negli zaini, iniziano a risalire a ritroso i sentieri di canne tremanti.
Carlotta e Gwen sono fradice fino al midollo, i capelli incollati alla testa, gli abiti che gocciolano a ogni passo.
Nadèje, che vola leggera e non si è bagnata quasi per niente, resta vicino a Carlotta tutto il tempo.
Quando la Sluagh si ferma, tremante, la Fata la prende tra le braccia.
> “L’importante è che tu sia sana e salva,” sussurra. “Mi importa poco delle barche, dei rospi e di tutto il resto.”
Carlotta appoggia la testa sulla sua spalla, stremata ma sorridente.
Gwen, che cammina dietro di loro mentre si strizza i capelli, sospira.
> “Mi sento… un po’ di troppo.”
Nadèje si volta.
> “Gwen, non dire sciocchezze.”
Gwen butta un sassolino nell’acqua, pensierosa.
> “È solo che… non sono brava con le coppie felici. Io e Qamar… be’, siamo state felici. Per un po'.”
Carlotta si ferma, incuriosita.
> “Vuoi parlarne?”
Gwen annuisce lentamente.
> “Qamar era… bellissima. Una Sluagh del Deserto di Segatura, pelle violetta, occhi d’ambra, un sorriso che ti faceva sentire più alta di mezzo minimetro.”
> “Mi aiutò a recuperare il Diario di Argo, quando tutto sembrava perduto. Era forte, era coraggiosa… era la mia Qamar , la mia Luna”
Camminano tra le canne mosse dal vento, mentre la sua voce si fa più bassa.
> “Abbiamo provato a vivere insieme. Avevamo una sala da tè e libreria a Bookshire. Io ero felicissima.”
> “Ma lei… non lo era, non come, almeno.
> Non era fatta per il Focolare. Troppa gente che giudica. Troppa gente che guarda male due donne che vivono insieme.”
Gwen inspira a fondo.
> “Prima c'è stato Humphrey… prima di Qamar, intendo. Un altro cacciatore, un Boggart come me. Mi piaceva molto. E invece si è messo con Litha, quella Soladina coi capelli rossi. Una mia amica, anche lei mi ha aiutato nella ricerca del Diario di Argo.”
> “Ma non ce l’ho con loro… perché con Qamar, alla fine, sono stata felice davvero.”
Sorride, un po’ tristemente
> “È solo che quando vi guardo… mi ricordo cosa si prova, e mi manca.”
Nadèje posa una mano sulla sua.
> “Allora faremo in modo che tu possa ritrovare qualcosa di bello, Gwen. Magari cercando il Serpente della Luna troverai anche qualcuno di bello. Bello e intelligente come te ”
Gwen ride piano, annuendo.
> “Grazie...Be’, se non ci mangia prima qualche bestiaccia allora… sì. Mi piacerebbe.”
E così, stanche e infangate, ma vive, le tre ragazze proseguono verso Koi, con due uova gigantesche nello zaino e gli abiti zuppi.
Il serpente d’acqua del Canneto
Il clima, almeno, è migliorato.
Il vento si è calmato e, nelle ore dopo mezzogiorno, il sole filtra tra le canne riscaldando loro le ossa.
Le ragazze stringono le loro borse — una con i vestiti fradici d'acqua, l'altra sporca di bava di rospo, cominciano la lunga camminata di ritorno verso Koi.
Camminano in fila indiana. Le canne ondeggiano, scricchiolano, sembrano sussurrare tra loro. La via non è difficile, ma è lunga, e soprattutto ancora sconosciuta.
Riusciranno a evitare problemi durante il tragitto?
Tiro: Dado Chance 1 — Dado Rischio 4 → NO.
Un fruscio improvviso, una vibrazione nell’acqua bassa.
Poi un’esplosione di schizzi, e un grande serpente acquatico — verde scuro, flessuoso, lungo almeno sei minimetri — si lancia fuori dalle canne e punta dritto su Nadèje.
“Nadèje, ATTENTA!” urla Carlotta.
Nadèje riuscirà a evitarlo?
Tiro: Dado Chance 5 — Dado Rischio 6 → NO E…
Il serpente apre la bocca e la inghiotte in un sol boccone.
Carlotta emette un urlo lacerante:
“Nadèje NO! NADÈJE!”
La disperata corsa al salvataggio
Gwen, tremando, fissa il serpente che sta già tornando a nascondersi tra le canne.
“Non può essere finita così.”
Poi qualcosa in lei scatta.
Gli occhi le si accendono di una luce quasi infuocata. I Boggart hanno un potere antico, spesso dimenticato.
E Gwen lo lascia finalmente fluire.
Il suo corpo cresce, si irrobustisce, le braccia si fanno poderose, strappando le maniche della camicia:
lo Sbrocco, concessione del Contratto Ereditario dei Boggart le dona una forza straordinaria
“Carlotta… tieniti pronta, io lo fermo.”
Gwen afferra la coda del serpente con tutte le sue nuove forze.
Carlotta non perde tempo: si getta verso le fauci della creatura, già pronte a ingoiare un altro boccone.
Ce la faranno a salvare Nadèje in extremis?
Tiro con vantaggio grazie ai Contratti delle ragazze:
Dado Chance 5 — Dado Rischio 5 → SÌ (+2 al contatore dei colpi di scena) MA… (perderanno qualcosa)
Carlotta, in un atto di puro istinto, afferra una delle uova di rospo e lo lancia con tutte le sue forze nella gola del serpente.
L’uovo vola dritto e si incastra.
Il serpente si strozza, si contorce, spalanca la bocca.
Gwen approfitta del momento e gli assesta due calci poderosi nel ventre.
Il bestione emette un verso sordo.
Poi vomita fuori Nadèje, fradicia, grondante muco, con i capelli completamente spiaccicati sulla faccia… ma con tutti i suoi effetti personali addosso.
Carlotta si inginocchia accanto a lei, la stringe, senza curarsi della sostanza schifosa che la ricopre... d'altra parte non è molto pulita nemmeno lei.
“Nadèje! Oh grazie agli Idoli dell' Oltrelontano, grazie alla Casa, grazie a tutto…”
Nadèje tossisce.
“…Sacré Plafond!… la dentro sapeva di... funghi andati a male.”
Ma il serpente non è finito.
In un movimento di frustrazione agita la coda e colpisce una delle due soccorritrici.
Pari → Gwen / Dispari → Carlotta.
Tiro: 6 → Gwen.
La coda colpisce Gwen con violenza e la scaraventa contro un ciuffo di canne.
Quando le ragazze la raggiungono, Gwen è cosciente, ma la gamba è piegata in un modo innaturale. .
“Ahi… mi sa che non è una storta.”
Il serpente, intanto, striscia via con un’ultima occhiata rancorosa.
In cerca d'aiuto
Nadèje e Carlotta steccano la gamba di Gwen come possono, usando due canne dritte e delle strisce degli abiti ormai infradiciati.
“Stai con lei,” dice Carlotta.
“Io cerco aiuto.”
“Carlotta, fai attenzione,” mormora Nadèje, ancora tremante.
“E… grazie, per avermi salvata”
Carlotta annuisce, le accarezza il viso e corre via tra le canne.
La Sluagh riuscirà a trovare aiuto in tempi brevi?
Tiro: Dado Chance 6 — Dadi Rischio 3 → SÌ.
Dopo meno di un’ora, Carlotta ritorna con una piccola famiglia di Shinigami, proprietari di una fattoria sulle rive del canale.
Capiscono abbastanza Slughan e Domestico da cogliere la gravità della situazione.
Caricano Gwen su una rana da soma, avvolta in coperte, mentre Nadèje e Carlotta la accompagnano camminando.
A Koi, Lady Sui e alcuni guaritori le prestano subito soccorso.
La diagnosi è chiara: gamba rotta, ma guaribile.
Gwen è stremata, ma viva.
All’Onsen
Dopo aver affidato Gwen alle cure di Sui, Nadèje e Carlotta tornano all’Onsen.
Lì, finalmente, si concedono un bagno caldo che lava via il fango e il terrore, mentre fuori il cielo del Canneto si tinge di rosa.
Nadèje, seduta nell’acqua sulfurea, osserva Carlotta che si immerge fino alle spalle.
“Ti devo la vita,” mormora.
> Anch'io” dice piano, “se non fosse stato per te e Gwen sarei diventata il pranzo di quel rospo .”
> "Tu ti sei anche presa un proiettile al posto mio padre quando eravamo a Mont Guignol. Però da allora pensa che tu sia la donna perfetta per me" ribatte Nadèje con un sorriso stanco.
> “Appunto. È così che funziona, no?”
> Carlotta si avvicina un poco.
> “Ci si salva a vicenda, quando ci si ama.”
Nadèje non risponde subito, ma il suo viso si illumina e le sue labbra incontrano quelle della sua amata Carlotta.
Il giorno dell’udienza
Due giorni dopo, con Gwen finalmente in piedi — barcollante, appoggiata a un bastone ricavato da scheggia di canna — le tre ragazze attraversano Koi. La Boggart ha recuperato i suoi preziosi appunti ed è pronta per incontrare la Daimyo.
Il lago è calmo, i pontili scricchiolano piano, e dalle case si diffonde un odore erbaceo di tè appena fatto.
Lady Midori le riceve sotto un grande gazebo di foglie di piantaggine intrecciate, che lasciano filtrare la luce come vetrate verdi.
È splendida nella sua calma sovrana:
pelle diafana, un’ombra d’azzurro attorno agli occhi, i capelli verdi trattenuti da uno spillone in guscio di maggiolino.
Accanto a lei, un servitore shinigami versa tè di tarassaco in piccole tazze color foglia.
Un vassoio di dolcetti di muffa al polline emana un profumo dolcissimo e fresco.
> Avvicinatevi.”
> La voce di Lady Midori è morbida eppure autorevole.
> “Che io possa vedere ciò che avete portato.”
Carlotta porge l’uovo, avvolto nel muschio umido, con grande cura.
Midori lo solleva, lo osserva controluce.
La membrana luminosa riflette un verde lattiginoso.
> “Sì… questo basterà.”
Per un istante i suoi occhi sembrano più chiari, quasi commossi.
Poi si volta verso le tre.
> “Avete mantenuto la promessa.
> Ed io manterrò la mia.”
Dal tavolo prende un piccolo oggetto avvolto in una stoffa nera.
Lo srotola lentamente, rivelando una scheggia d’argilla pallida, incisa con un simbolo che sembra muoversi quando non lo si guarda: un frammento della Tavoletta della Luna.
Le porge il pezzo.
> “Questo è il primo frammento.”
Gwen trattiene il respiro.
Nadèje lo accarezza con l’indice, come si farebbe con qualcosa di vivo.
Midori prosegue:
> “Il secondo pezzo si trova a Tsukito, la Città della Luna e capitale dello Shogunato.
> Lì vive anche Lale...Forse saprà aiutarvi nella vostra altra ricerca.”
Gli occhi verdi di Gwen tremano per un istante, come se un nome che aveva desiderato dire da tanto tempo le fosse stato sussurrato nell'orecchio nell' orecchio.
Carlotta inclina il capo.
> “Lady Midori… grazie.”
La signora di Koi le osserva con un’espressione che è insieme antica e giovane. Le sue labbra si increspano appena in un lieve sorriso
> “Non ringraziatemi.
> Il vostro viaggio è soltanto iniziato.”
Il vento flette le foglie del gazebo.
Il frammento lunare luccica tra le mani delle ragazze.
Tsukito le aspetta.
Lale le aspetta.
E forse… anche la Luna.
Diario di Nadèje – Notte ventosa a Koi
Credo che il vento del Canneto sappia ascoltare i pensieri.
Scrivo mentre soffia sulle pareti di carta della casa di Lady Sui, e ogni tanto mi sembra che mi risponda, come una voce antica.
Forse è soltanto la stanchezza.
O forse i rospi giganti, i pesci dalle bocche troppo grandi e quel dannato serpente che ha provato a mangiarmi, che hanno scosso più del previsto i miei nervi.
Eppure… non riesco a pensare ai pericoli senza ricordare anche la mano di Carlotta, calda e forte intorno alla mia.
Lei che mi ha strappata dalla bocca della serpe, lei che mi ha abbracciata, asciugata dal muco e poi mi ha sorriso, felice che fossi viva.
Lady Midori…
Che figura strana, bellissima e inquieta. Sembra fatta di luce lunare luce lunare, e parla come se ogni parola fosse una lama affilata.
Capisco perché gli Shinigami la temono e la adorano.
Ha qualcosa delle Fate: la grazia, la compostezza, l'ambizione, ma è anche innegabilmente Shinigami, con la sua disciplina, la crudeltà accennata, la malinconia.
Siano simili noi due.
E poi c’è stato quel momento, mentre ci offriva il tè di piantaggine, in cui l’ho guardata negli occhi e ho pensato: Che creatura splendida.
Ma splendida come un’opera d’arte, come un lampo che acceca.
Carlotta è splendida come una fiamma che scalda... E il calore tiene in vita.
Quando Gwen si sarà ripresa andremo a Tsukito.
Lì forse scopriremo qualcosa di Lale, dei suoi studi sugli antichi costumi matrimoniali degli Sluagh.
Dicono che un tempo le unioni matrimoniali non fossero tutte come sono oggi: che due donne potessero giurarsi amore, che due uomini potessero condividere la vita, davanti agli Idoli e al popolo.
Che i Popoli non avessero ancora imparato a odiare ciò che non capiscono.
Se è vero, se Lale ha davvero lasciato parole, prove, e storie…
allora forse potremo mostrarle.
O almeno potremo tenerle strette al cuore, come la prova che siamo parte di un’antica continuità.
Mi fermo qui; la candela sta finendo e Carlotta dorme già, con il respiro che mi raggiunge lieve dal futon.
— Nadèje






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