Inizio Estate, 105 S.P.
Pista per Lone Rock
Il sentiero per Lone Rock corre tra boschetti di trifoglio e prati già punteggiati di fiori estivi. Il cielo è terso, il sole comincia a scaldare sul serio, ma l’aria resta ancora piacevole, quasi gentile sulla pelle. Dopo la fuga dalla Fontana, il tempo buono sembra un piccolo dono.
Le ragazze entrano in paese con passo svelto.
A Lone Rock però non c’è molto da scegliere. La cittadina è ruvida, pratica, fatta più per chi guida bestiame che per viaggiatrici in fuga. Le bancarelle espongono soprattutto abiti usati, rattoppati, scoloriti dal sole e dalla polvere.
Cercano qualcosa di almeno guardabile.
Tiro con Svantaggio
Dado Chance 2, Dadi Rischio 2 e 5
No.
Niente da fare.
Gli abiti che trovano sono tutti più o meno uguali: pantaloni robusti, gilet larghi, camicie rigide, cappelli consumati. Una volta indossati, si guardano a vicenda… e scoppiano quasi a ridere.
«Sembriamo mandriane Barghest di una brutta ballata popolare,» commenta Gwen, sistemando il cappello storto.
Nadèje ridacchia, incrociando le braccia. «Manca solo il bastone e il broncio.»
Carlotta invece ci resta un po’ male. Si osserva in silenzio, tira la stoffa ruvida della giacca. Non è solo una questione di moda: è stanchezza, è tutto quello che hanno dovuto lasciare indietro.
Alla fine però non c’è tempo per esitare.
Comprano quello che trovano. Abiti fuori moda, grezzi, ma solidi. Pratici.
Prendono anche borracce di riserva, le riempiono d’acqua fresca alla fontana del paese.
Non si fermano a lungo.
L’ombra dell’ammiraglio Chevalier pesa ancora sulle loro spalle, e nessuna ha voglia di scoprirne la portata fino in fondo.
Con vestiti improbabili, borracce piene e pochi bagagli rimasti, riprendono la pista.
Direzione: Finistrada.
Finistrada
La città li accoglie con il solito brusio: ruote sui ciottoli, richiami dei mercanti, l’odore di pane caldo e di acqua stagnante nei canali bassi. Per un istante sembra quasi tutto normale.
Ma dura poco.
Tiro imprevisti
Dado Chance 2, Dado Rischio 6
NO. L’imprevisto c’è.
In un vicolo laterale, stretto e in ombra, vedono la scena.
Una Soladina minuta, elegante nella sua semplicità, è con le spalle al muro. Davanti a lei tre figure le sbarrano la strada:
un Boggart largo di spalle,
un Genomino con il ghigno storto,
e uno Sluagh alto e ossuto, che le parla troppo da vicino.
Non la stanno ancora toccando, ma l’aria è quella sbagliata. Pesante. Predatoria.
Le ragazze non esitano nemmeno un secondo.
«Lasciatela stare, vergognatevi!»
La voce di Gwen taglia l’aria come uno schiaffo.
Si fa avanti di un passo, il topo Timothy che le spunta dalla spalla come se avvertisse la tensione.
«Proprio tu,» aggiunge, fissando il Boggart, «dovresti sapere cos’è il rispetto. Dove sono finiti i gentlemen del Focolare? Si vergogni.»
Il Boggart si irrigidisce, colpito più dall’accusa che dal tono.
Accanto a lei, Nadèje non dice molto.
Stringe l’impugnatura della lancetta, il metallo che fa un lieve suono secco.
«Vi consiglio di lasciarla andare,» dice piano.
È una minaccia detta con educazione, e per questo ancora più chiara.
Carlotta resta un passo indietro, osserva. Valuta le distanze. Le mani pronte, l’ombrello leggermente inclinato.
La Soladina le guarda, sorpresa… e con un lampo di speranza negli occhi.
I tre omini si voltano lentamente verso di loro.
Il vicolo sembra restringersi ancora di più.
Per un istante, tutto è fermo.
Il Boggart sbuffa rumorosamente, facendo un passo avanti.
«Questa qui ci deve dieci Crì. Dieci. E non è finita: ci ha pure imbrogliati a carte.»
Il Genomino annuisce con un sorriso storto.
«Mani troppo veloci per essere oneste.»
Nadèje non distoglie lo sguardo. Si gira appena verso la Soladina.
«Madame… è vero?»
La donna si sistema con calma gli occhiali sottili, il gesto elegante nonostante il vicolo e la situazione.
«Non ho barato,» dice con voce ferma. «È stato un… malinteso. E, per la precisione, devo loro solo sette Crì.»
Sette. Dieci. Malinteso. Carte.
Nadèje inspira lentamente. Il vicolo sembra trattenere il respiro con lei.
Troppi sguardi, troppe mani pronte, troppe vie di fuga bloccate.
Fa un mezzo passo avanti, palmi aperti.
«Aspettate. È possibile mettervi d’accordo senza che nessuno si faccia male.»
Tiro con vantaggio
Dadi Chance 2 e 4, Dado Rischio 6
No.
La parola accordo sembra essere la scintilla.
«Basta!» ringhia lo Sluagh.
Il Boggart fa schioccare le nocche — tirapugni di metallo spuntano tra le dita.
Il Genomino estrae una punta di chiodo, sottile e cattiva, nascosta nella manica.
«Ci prendiamo i soldi subito,» dice il Boggart, «con gli interessi.»
La Soladina impallidisce appena, ma non arretra.
Gwen stringe la mascella. Timothy s’irrigidisce sulla sua spalla.
Carlotta apre lentamente l’ombrello, quel tanto che basta per far capire che non è un accessorio.
E Nadèje… lascia cadere i palmi aperti.
La lancetta scivola nella sua mano con un suono secco.
La mediazione è finita.
Ora il vicolo è una miccia accesa —
e basta un passo di troppo perché tutto esploda.
«Iniziano le danze.»
Nadèje non lo dice ad alta voce, ma è quello che succede.
Tiro con vantaggio (scherma di Nadèje)
Dadi Chance 3 e 4, Dado Rischio 5
NO.
Il vicolo è troppo stretto.
La lancetta, lunga e raffinata, non è fatta per combattere in mezzo a muri umidi e casse rovesciate. Nadèje prova a manovrare di punta, cercando solo di disarmare, di tenere a distanza — non vuole ferire seriamente nessuno — ma ogni affondo è ostacolato.
Il Genomino si becca comunque una piattonata secca sul ginocchio e strilla, crollando su una gamba.
Ma non basta.
Carlotta non trova spazio per colpire senza rischiare di fare male a Nadèje.
Gwen cerca di intervenire, ma il caos è troppo serrato, troppo vicino.
Il Boggart avanza e, con una mano enorme, afferra il polso di Nadèje.
La presa è ferrea. La lancetta resta bloccata.
Alza il pugno.
Per un istante sembra davvero che stia per colpirla — un pugno che potrebbe spezzare le ossa.
Poi… esita.
Gli occhi del Boggart incontrano quelli di Nadèje.
Non c’è odio lì dentro. C’è rabbia, sì. Frustrazione. Ma anche un dubbio improvviso, come se pure lui si rendesse conto che tutto questo è andato troppo oltre.
Ed è proprio in quell’attimo sospeso che—
«EHI! FERMI TUTTI!»
Voci. Passi. Gente che accorre.
È la ronda informale dei cittadini di Finistrada: uomini e donne armati di bastoni, corde, torce improvvisate. Non soldati, ma abbastanza numerosi e determinati da far capire che la festa è finita.
In pochi secondi il vicolo viene riempito.
Qualcuno strappa via il Boggart da Nadèje.
Il Genomino viene immobilizzato mentre protesta.
Lo Sluagh smette di ringhiare quando si ritrova con una corda al collo.
«Tutti dentro. Subito.»
Non c’è processo. Non lì.
Li arrestano tutti.
Pochi minuti dopo, le porte di legno rinforzato si chiudono con un tonfo secco.
Due celle separate:
– una per le donne (e il topo)
– una per gli uomini
Timothy viene sistemato con Gwen, offeso e vibrante come se avesse fatto la sua parte.
Il silenzio cala lentamente.
Nadèje si massaggia il polso, ancora caldo della presa.
Carlotta sospira, sedendosi.
Gwen guarda le sbarre, poi le compagne.
Finistrada, a quanto pare, ha deciso di prendersi una pausa…
prima di decidere da che parte stare.
La Soladina si volta verso di loro con un sorriso stanco ma sincero.
«Grazie. Davvero.»
Si aggiusta di nuovo gli occhiali, poi fa un piccolo inchino teatrale, quasi ironico.
«Elise O’Leary. Prestigiatrice… e alchimista, quando le cose vanno bene.»
Fa una pausa, come se stesse decidendo quanto dire.
«Un tempo ero socia in affari del dottor Billiko. Poi abbiamo… smesso di collaborare. Dissidi sulla divisione degli introiti.»
Il modo in cui pronuncia dissidi lascia intendere che non sia stata una separazione amichevole.
Elise si guarda intorno, poi posa lo sguardo sui loro abiti: grezzi, fuori moda, segnati dal viaggio.
Un mezzo sorriso le increspa le labbra.
«Siete tutte giovani donne attraenti,» commenta con leggerezza, «ma direi che state passando un momento un po’ complicato… a giudicare dal guardaroba.»
Gwen ride, una risata vera, liberatoria.
Carlotta accenna appena un sorriso.
Nadèje resta più rigida: non offesa, ma attenta.
Elise si china verso Timothy, allunga lentamente una mano.
«E tu chi sei, piccolino?»
Il topo squittisce felice, le sale quasi sul polso. Elise gli fa le coccole con naturalezza, come se avesse sempre avuto a che fare con creature piccole e nervose.
Gwen osserva la scena, e qualcosa nel suo sguardo cambia.
C’è curiosità. Interesse. Forse anche un filo di calore che non provava da un po’.
Nadèje lo nota.
Carlotta pure.
Nessuna delle due dice niente — ma entrambe non si fidano ancora.
Ed è in quel momento che si sente un passo deciso nel corridoio.
«Allora. Vediamo chi abbiamo qui.»
Una donna entra nel piccolo spazio davanti alle celle. È alta, robusta, con l’aria di chi non ha bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare. Al suo fianco, posata con calma assoluta, c’è una coccinella grande come un pugno, lucida, vigile.
«Sono Fiona McInnis,» dice. «Sceriffa di Finistrada. Eletta dal popolo.»
Lo sguardo le scorre addosso, rapido ma attento. Si sofferma su Nadèje un istante di più, poi su Gwen, su Carlotta… e infine su Elise.
La coccinella muove appena le ali.
Fiona incrocia le braccia.
«Qualcuno vuole spiegarmi perché il mio pomeriggio è stato interrotto da una rissa in un vicolo?»
La situazione è di nuovo in equilibrio…
ma questa volta, qualcuno tiene davvero le redini.
La Soladina si volta verso di loro con un sorriso stanco ma sincero.
«Grazie. Davvero.»
Si aggiusta di nuovo gli occhiali, poi fa un piccolo inchino teatrale, quasi ironico.
«Elise O’Leary. Prestigiatrice… e alchimista, quando le cose vanno bene.»
Fa una pausa, come se stesse decidendo quanto dire.
«Un tempo ero socia in affari del dottor Billiko. Poi abbiamo… smesso di collaborare. Dissidi sulla divisione degli introiti.»
Il modo in cui pronuncia dissidi lascia intendere che non sia stata una separazione amichevole.
Elise si guarda intorno, poi posa lo sguardo sui loro abiti: grezzi, fuori moda, segnati dal viaggio.
Un mezzo sorriso le increspa le labbra.
«Siete tutte giovani donne attraenti,» commenta con leggerezza, «ma direi che state passando un momento un po’ complicato… a giudicare dal guardaroba.»
Gwen ride, una risata vera, liberatoria.
Carlotta accenna appena un sorriso.
Nadèje resta più rigida: non offesa, ma attenta.
Elise si china verso Timothy, allunga lentamente una mano.
«E tu chi sei, piccolino?»
Il topo squittisce felice, le sale quasi sul polso. Elise gli fa le coccole con naturalezza, come se avesse sempre avuto a che fare con creature piccole e nervose.
Gwen osserva la scena, e qualcosa nel suo sguardo cambia.
C’è curiosità. Interesse. Forse anche un filo di calore che non provava da un po’.
Nadèje lo nota.
Carlotta pure.
Nessuna delle due dice niente — ma entrambe non si fidano ancora.
Ed è in quel momento che si sente un passo deciso nel corridoio.
«Allora. Vediamo chi abbiamo qui.»
Una donna Barghest entra nel piccolo spazio davanti alle celle. È alta, robusta, con l’aria di chi non ha bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare. I lineamenti regolari, i capelli biondo argentei intrecciati e i grandi occhi azzurro ghiaccio la rendono decisamente attraente (tante belle donne a Finistrada!). Al suo fianco, posata con calma assoluta, c’è una coccinella punteggiata, lucida, vigile.
«Sono Fiona McInnis,» dice. «Sceriffa di Finistrada, eletta dal popolo.»
Il suo sguardo scorre loro addosso, rapido ma attento. Si sofferma su Nadèje un istante di più, poi su Gwen, su Carlotta… e infine su Elise.
La coccinella muove appena le elitre.
Fiona incrocia le braccia.
«Qualcuno vuole spiegarmi perché siete state coinvolte in una rissa in un vicolo?»
La situazione è di nuovo in equilibrio…
ma questa volta, qualcuno tiene davvero le redini.
Provano a spiegare.
A minimizzare.
A presentare i fatti come un equivoco degenerato.
Basterà?
Tiro
Dado Chance 2, Dado Rischio 3
NO.
La sceriffa Fiona McInnis ascolta in silenzio, il volto impassibile. Poi fa un lieve cenno con la mano, e la coccinella si muove, arrampicandosi sulle sbarre, come se volesse valutare le ragazze.
Fiona sospira piano.
«Peccato.»
Si gira verso Elise, la squadra con uno sguardo più attento, meno indulgente.
«Elise O’Leary,» dice, scandendo il nome. «Risulti indagata per truffa in almeno due giurisdizioni.»
Elise si irrigidisce appena.
«Indagata,» ribatte subito. «Non condannata.»
«Vero,» concede Fiona. «Nessuna condanna. Ma abbastanza segnalazioni da farmi drizzare le antenne. A me e a lei». Indica la coccinella
La Soladina inclina il capo, cercando di mantenere un sorriso disinvolto.
«La gente si arrabbia quando perde a carte.»
«La gente si arrabbia anche quando qualcuno le alleggerisce il borsello,» replica la sceriffa.
Gwen smette di sorridere.
Nadèje incrocia le braccia.
Carlotta stringe le labbra, infastidita.
Fiona continua:
«Quanto a voi tre…»
le guarda una per una
«non risultate ricercate. Ma siete coinvolte in una rissa, e questa città non ama i guai, specialmente in questo periodo.»
La coccinella emette un lieve clic, come se approvasse.
«Nessuno resterà in prigione,» conclude Fiona, «ma nessuno uscirà di qui senza conseguenze.»
Elise abbassa lo sguardo per un istante. Timothy, ignaro di tutto, le sale sulla spalla e squittisce. Lei lo accarezza distrattamente.
L’aria nella cella femminile si fa tesa, più fredda.
Finistrada non è ostile…
ma nemmeno indulgente.
Le ragazze si scambiano uno sguardo rapido.
Nadèje fa un passo avanti, composta ma ferma.
Carlotta annuisce, pronta a stringere i denti.
E Gwen… beh, Gwen decide di giocare una carta diversa.
Un sorriso appena accennato. Uno sguardo caldo. Un’aria innocente che non è del tutto finta.
Tiro con Vantaggio
Dadi Chance 3 e 4, Dado Rischio 4
Sì, ma…
La sceriffa Fiona McInnis le osserva per qualche secondo in silenzio. La coccinella le sale lentamente sulla spalla.
«Va bene,» dice infine. «Ve la cavate con una multa.»
Fa una pausa.
Poi aggiunge, secca:
«Salata.»
E non è finita.
«E pagherete anche in parte per Elise,» continua, lanciando un’occhiata alla Soladina. «Visto che a quanto pare non naviga nell’oro.»
Elise spalanca appena gli occhi.
«Fiona—»
«Zitta,» la interrompe la sceriffa. «Ringrazia che non ti stia trattenendo.»
Le ragazze pagano.
Monete che spariscono una dopo l’altra.
Il borsello si alleggerisce in modo doloroso.
Quando finiscono, sono tutte piuttosto al verde.
Ma le porte si aprono.
«Andate.» conclude Fiona. «E cercate di non cacciarvi nei guai.»
Un ultimo sguardo di Gwen, quasi un grazie silenzioso.
La sceriffa non sorride… ma nemmeno distoglie lo sguardo.
Fuga da Finistrada
Raccolgono le poche cose rimaste, salutano in fretta — anche Elise, che promette di “sdebitarsi un giorno” con un sorriso obliquo — e si rimettono subito in cammino.
Ci sono cattive nuove dall'Ammiraglio Chevalier?
Tiro
Dado Chance 4, Dado Rischio —
Sì.
Nessun messaggero.
Nessun soldato dell’ammiraglio Chevalier.
Nessun richiamo dell’ultima ora.
Finistrada resta alle loro spalle, con i suoi vicoli e le sue celle.
Davanti a loro, di nuovo, la strada.
Sono stanche.
Un po’ più povere.
Ma libere.
E l’estate è appena cominciata.
Estate 105 S.P.
La Strada Madre vibra di calore, ma non è ancora opprimente. Il sole estivo picchia deciso, e per una volta i cappelli da mandriane — ridicoli quanto utili — si rivelano una benedizione. Il parasole di Carlotta scivola da una spalla all’altra, proteggendole nelle ore più dure del giorno.
Attraversano il Portico, e l’ombra ampia e solenne offre un sollievo immediato. Il rumore dei passi cambia, l’aria si fa diversa, più densa di echi e di promesse non dette.
Poi la Prima Soglia.
Entrano nella Casa passando per Fuoriporta, la città sospesa tra la porta e il battente: livelli sovrapposti di passerelle in legno e metallo, ponticelli tesi come ragnatele tra edifici e balconate. Sotto, sopra, tutt’intorno, il brulicare continuo di viaggiatori, soldati, mercanti, messaggeri.
Ai posti di controllo, i soldati del Grande Esercito Imperiale esaminano documenti, fermano carrozze, fanno domande.
Evitano che facciano loro problemi?
Tiro con vantaggio (documenti in regola)
Dadi Chance 6 e 2, Dado Rischio 5
Sì, e…
Non appena Nadèje porge i documenti, uno dei soldati sbianca appena. L’altro alza lo sguardo, la squadra, poi fa un cenno rapido e rispettoso restituendo il documento.
«Un momento, per favore.»
Si allontanano. Tornano in fretta.
«Il generale de Morangiasse ha avvertito alcuni uomini di fiducia del vostro arrivo,» dice uno di loro, abbassando la voce. «Siete attese.»
Non ci sono altre domande.
Due soldati di scorta si fanno avanti e, con discrezione ma decisione, le fanno passare avanti, saltando i controlli, attraversando passerelle secondarie, evitando la folla.
Carlotta lancia uno sguardo curioso tutt’intorno.
Gwen osserva in silenzio, Timothy sempre al suo fianco.
Nadèje mantiene il passo, ma il cuore le batte un po’ più forte.
Le conducono a una carrozza elegante, scura, con gli stemmi della gendarmeria appena accennati incisi sul legno.
Non è grande — per un umano sarebbe poco più di un giocattolo — ma per loro è solida, ben tenuta, con sospensioni fatte di zampe di blatta e fibre vegetali intrecciate.
Davanti, due grossi topi da tiro, dal pelo grigio lucido e con piccole bardature in cuoio, fremono impazienti. Uno di loro annusa l’aria, l’altro batte nervosamente la coda contro il selciato. Un soldato imperiale fa loro un cenno con un fischio basso.
Lo sportello si apre.
«Direzione: Sala da Pranzo.»
Carlotta sorride appena vedendo i topi.
Gwen si assicura che Timothy sia ben sistemato e tranquillo sul sedile, cosa che lui accetta con uno squittio dignitoso, occhieggiando i suoi simili molto più grandi.
Nadèje sale per prima, con la postura di chi conosce quel mondo e sa che, anche in scala ridotta, il potere pesa.
Le portiere si chiudono con un tonfo morbido.
I topi partono al trotto, rapidi e precisi, facendo vibrare leggermente la carrozza mentre imboccano una stretta strada sotto le passerelle di Fuoriporta.
La Casa le ha accolte.
E ora, più che mai,
sono dentro le sue mura e dentro la sua storia.
La carrozza le deposita a La Ruelle, appena oltre la Soglia della Sala da Pranzo: una strada stretta, coperta da arcate basse, piena di botteghe dalle facciate di legno chiaro, con l'aria pervasa del profumo dei dolcetti al miele. Qui si vende di tutto ciò che serve per apparire presentabili nella Casa… senza arrivare al lusso vero.
Nadèje e Carlotta insistono.
«Non possiamo presentarci così,» dice Carlotta, guardando i loro abiti da mandriane con rassegnazione.
Nadèje sospira, ma annuisce.
Trovano qualcosa di decente?
Tiro
Dado Chance 2, Dado Rischio 1
Sì, ma…
C’è scelta.
Solo che è tutta in stile Impero Domestico del Reame.
Linee pulite, colori chiari, tessuti leggeri. Niente tagli pratici, niente richiami all’Orda.
Nadèje stringe le labbra mentre si specchia. Alla fine prende un abito azzurro pallido, di tessuto fine: leggero, troppo banale tipico del Reame per i suoi gusti.
La scollatura è quadrata, la gonna ampia.
«Troppo chiaro,» brontola.
«Troppo scollato — le scollature quadrate non donano, stanno bene alle donne più floride come te, Carlotta.». Sorride alla moglie "Ho sempre invidiato il tuo décolleté, amore mio".
Si gira di lato. «E la gonna mi intralcia! Come si duella con una cosa del genere?»
Carlotta ride piano.
«Respira. Almeno non sembri una mandriana.»
Ed è vero.
Carlotta trova qualcosa che, sorprendentemente, le piace.
Un abito color crema tendente al pesca, con maniche a tre quarti e la vita alta. Non è appariscente, ma cade bene, valorizza la sua figura e lascia libertà di movimento.
«Questo…» dice, guardandosi allo specchio, un po’ sorpresa. «Questo potrei indossarlo davvero.»
Si aggiusta l’orlo, fa un mezzo inchino scherzoso verso Nadèje.
«Vedi? Anche il Reame, ogni tanto, azzecca qualcosa.»
Gwen, invece, sceglie quasi senza pensarci troppo.
Un vestito verde scuro, semplice, con un corpetto morbido e una gonna non troppo ampia. È pratico, quasi sobrio — ma il colore le sta benissimo, fa risaltare i capelli e gli occhi.
«Non sarà elegante,» dice, «ma mi ci riconosco.»
E mentre lo dice, Timothy sbuca da un salottino di prova, annusa l'orlo della gonna e si sistema come se approvasse la scelta.
Gwen sorride, davvero.
I vestiti sono modesti.
Tutti decisamente Impero Domestico.
Ma sono puliti, nuovi, e soprattutto… dignitosi.
Molto meglio di quelli di Lone Rock.
E quando escono dalla bottega, più leggere nel portamonete ma un po’ più sicure di sé, la Casa sembra guardarle con occhi meno severi.
Ora sono pronte.
O almeno… abbastanza pronte.

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